Sono personaggi intensi, dolenti, vivi ed inquieti, quelli che popolano le fotografie di questa ritrovata “Napoli” di Mauro Zorer.
Un approccio stilistico e narrativo giocato, in maniera pressoché sistematica, sulla fugacità dell’attimo e sulla capacita di saper cogliere, bressonianamente, situazioni e luoghi con una prontezza di scatto figlia di una interiorizzata competenza della visione.
Zorer non è mai indulgente, prolisso o retorico.. Le sue fotografie graffiano le retine e si fissano, quasi indelebilmente, nelle nostre anime…
Una Napoli densa e misteriosa, con riprese nelle quali la luce è sempre calibrata e ricca di suggestiva e cupa atmosfera…
I personaggi incontrati da Zorer nelle sue peregrinazioni all’interno dei quartieri più popolari della città, si offrono alla sua camera con convinto trasporto, anime autentiche di un effimero istante di umanità, strappato con indulgenza ad un mondo difficile e ad un contesto sociale nel quale il caos regna, ossimoricamente, come unica soluzione organizzativa…
Zorer, con la sua carica di umanità e con l’onestà intellettuale che lo contraddistingue, riesce a spingere il suo tessuto narrativo spesso aldilà della semplice empatia. Le sue fotografie tradiscono, spesse volte in maniera superlativa, tutta la partecipazione emotiva dell’autore a ciò che ha osservato e fotografato.
Questo autore si serve della realtà, ma non ne fa scempio, come spesso accade nella prevedibile fotografia di reportage e dove il “grandangolare-sparato-sulla-faccia-dentro-la-situazione-a-tutti-i-costi” è diventato ormai incapace, nella sua consunta spettacolarizzazione, di offrire nuova linfa espressiva a questo tipo di indagine fotografica.
Zorer, al contrario del “moderno” reportage, è misurato.
Coglie l’istante con il giusto garbo e con il piacere di far capire, attraverso i suoi scatti, che la sua condivisione a ciò che osserva, è pienamente metabolizzata entro la sua carica di trasporto emotivo.
Questo autore coglie l’istante, ma non opera, mai, come un “colonialista” situazionale..
Le immagini costruite da Zorer, con rispettosa, e talvolta ironica indulgenza, sono la testimonianza di una cultura popolare entro la quale si mescolano simboli laici e religiosi: una moderna e intrigante intelaiatura visiva di quell’unicum sociale che diviene la sua “Napoli”.
Un approccio stilistico e narrativo giocato, in maniera pressoché sistematica, sulla fugacità dell’attimo e sulla capacita di saper cogliere, bressonianamente, situazioni e luoghi con una prontezza di scatto figlia di una interiorizzata competenza della visione.
Zorer non è mai indulgente, prolisso o retorico.. Le sue fotografie graffiano le retine e si fissano, quasi indelebilmente, nelle nostre anime…
Una Napoli densa e misteriosa, con riprese nelle quali la luce è sempre calibrata e ricca di suggestiva e cupa atmosfera…
I personaggi incontrati da Zorer nelle sue peregrinazioni all’interno dei quartieri più popolari della città, si offrono alla sua camera con convinto trasporto, anime autentiche di un effimero istante di umanità, strappato con indulgenza ad un mondo difficile e ad un contesto sociale nel quale il caos regna, ossimoricamente, come unica soluzione organizzativa…
Zorer, con la sua carica di umanità e con l’onestà intellettuale che lo contraddistingue, riesce a spingere il suo tessuto narrativo spesso aldilà della semplice empatia. Le sue fotografie tradiscono, spesse volte in maniera superlativa, tutta la partecipazione emotiva dell’autore a ciò che ha osservato e fotografato.
Questo autore si serve della realtà, ma non ne fa scempio, come spesso accade nella prevedibile fotografia di reportage e dove il “grandangolare-sparato-sulla-faccia-dentro-la-situazione-a-tutti-i-costi” è diventato ormai incapace, nella sua consunta spettacolarizzazione, di offrire nuova linfa espressiva a questo tipo di indagine fotografica.
Zorer, al contrario del “moderno” reportage, è misurato.
Coglie l’istante con il giusto garbo e con il piacere di far capire, attraverso i suoi scatti, che la sua condivisione a ciò che osserva, è pienamente metabolizzata entro la sua carica di trasporto emotivo.
Questo autore coglie l’istante, ma non opera, mai, come un “colonialista” situazionale..
Le immagini costruite da Zorer, con rispettosa, e talvolta ironica indulgenza, sono la testimonianza di una cultura popolare entro la quale si mescolano simboli laici e religiosi: una moderna e intrigante intelaiatura visiva di quell’unicum sociale che diviene la sua “Napoli”.
Zorer, che sta ultimando un Master di reportage all’Accademia di Milano con Sandro Iovine, testimonia con grande precisone la sua esperienza su questo lavoro:
“E’ tutto questione di attimi: nel momento in cui vedo l’immagine, sono già in ritardo. Devo prevedere cosa accadrà. Mi vengono in mente i consigli di Sandro Iovine: “… Possiamo raccontare un luogo nella misura in cui è vissuto dalle persone…”. Così grazie anche all’aiuto di Giovanni e Luigi, l’altro compagno napoletano, iniziamo a parlare con le persone, ad entrare nelle case, a raccogliere le loro storie con un qualsiasi pretesto: un quadro, una madonna, un complimento…
Dapprima ci imbattiamo in una donna ottantenne agli arresti domiciliari, un po’ titubante a farsi fotografare…ma poi prevale la curiosità e l’ospitalità e la signora con la foto in mano, orgogliosa di farci vedere come era stata fotografata da un inglese 40 anni or sono; o il signore con la sua foto da giovane, malato terminale, con 12 figli e 80 nipoti. Conosciamo anche una delle figlie che ci prega di scattare qualche foto con lui, con le nipotine…come ultimo ricordo…Non mi sentivo più un estraneo in quel momento ma quasi parte di quella famiglia…
Ci addentriamo nei “bassi”, grandi stanze al piano terra con il letto, il cucinino, un tavolo, le foto dei cari, la statua o il quadro della Madonna… Tutto in caotico ordine. Il mondo qui sembra dividersi tra gente del vicolo e “guardie”, carabinieri… Non bene accetti.
Non sono protetto dalle montagne, non c’è tempo per la timidezza: ”E’ un lusso che non ci si può permettere…” mi dice una signora.
Ci si deve buttare, assaporare, cercare l’anima del posto ,della gente, del quartiere…. Tutto è estremamente veloce : da una casa all’altra, da un vicolo all’altro, con passo veloce…forse anche per non dare troppo nell’occhio… Di giorno, di notte…10, 12 ore di cammino al giorno, mangiando qualcosa qua e là…
Mi stupisce l’ospitalità, il volersi far conoscere, farsi fotografare anche in situazioni domestiche. C’è una forte connotazione religiosa ma si assapora anche la tradizione, la superstizione , il culto dei morti (cimitero delle Fontanelle). Non si ha quasi il tempo per respirare: ogni istante è prezioso, vitale per catturare quell’istante unico. Siamo alla Sanità altro quartiere popolare, poi ancora quartieri Spagnoli di notte, Pozzuoli, quartiere di Montedidio, San lorenzo, e poi “Spaccanapoli”…
Osservando i grandi e luminosi occhi di Mauro Zorer, e attraverso di essi le fotografie di questa bellissima Napoli, si scopre di aver portato alla luce, con grande semplicità, ma con intenso pathos, un prezioso tassello di questa nostra martoriata italianità..
Un’operazione di cui la fotografia e la nostra storia contemporanea, in modo sempre più urgente, avvertono il bisogno.
Dapprima ci imbattiamo in una donna ottantenne agli arresti domiciliari, un po’ titubante a farsi fotografare…ma poi prevale la curiosità e l’ospitalità e la signora con la foto in mano, orgogliosa di farci vedere come era stata fotografata da un inglese 40 anni or sono; o il signore con la sua foto da giovane, malato terminale, con 12 figli e 80 nipoti. Conosciamo anche una delle figlie che ci prega di scattare qualche foto con lui, con le nipotine…come ultimo ricordo…Non mi sentivo più un estraneo in quel momento ma quasi parte di quella famiglia…
Ci addentriamo nei “bassi”, grandi stanze al piano terra con il letto, il cucinino, un tavolo, le foto dei cari, la statua o il quadro della Madonna… Tutto in caotico ordine. Il mondo qui sembra dividersi tra gente del vicolo e “guardie”, carabinieri… Non bene accetti.
Non sono protetto dalle montagne, non c’è tempo per la timidezza: ”E’ un lusso che non ci si può permettere…” mi dice una signora.
Ci si deve buttare, assaporare, cercare l’anima del posto ,della gente, del quartiere…. Tutto è estremamente veloce : da una casa all’altra, da un vicolo all’altro, con passo veloce…forse anche per non dare troppo nell’occhio… Di giorno, di notte…10, 12 ore di cammino al giorno, mangiando qualcosa qua e là…
Mi stupisce l’ospitalità, il volersi far conoscere, farsi fotografare anche in situazioni domestiche. C’è una forte connotazione religiosa ma si assapora anche la tradizione, la superstizione , il culto dei morti (cimitero delle Fontanelle). Non si ha quasi il tempo per respirare: ogni istante è prezioso, vitale per catturare quell’istante unico. Siamo alla Sanità altro quartiere popolare, poi ancora quartieri Spagnoli di notte, Pozzuoli, quartiere di Montedidio, San lorenzo, e poi “Spaccanapoli”…
Osservando i grandi e luminosi occhi di Mauro Zorer, e attraverso di essi le fotografie di questa bellissima Napoli, si scopre di aver portato alla luce, con grande semplicità, ma con intenso pathos, un prezioso tassello di questa nostra martoriata italianità..
Un’operazione di cui la fotografia e la nostra storia contemporanea, in modo sempre più urgente, avvertono il bisogno.
Luca Chistè / Phf Photoforma / agosto 2011 ©